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La crisi del mercato immobiliare commerciale

La pandemia di Covid-19 ha cambiato radicalmente le abitudini di lavoro e di vita di milioni di persone in tutto il mondo. Lo smart working, ovvero il lavoro da remoto, si è diffuso come soluzione per limitare i contagi e garantire la continuità delle attività produttive. Ma quali sono le conseguenze di questa modalità di lavoro sul mercato immobiliare commerciale, ovvero quello degli uffici, dei negozi e dei capannoni industriali?

Secondo uno studio della Federal Reserve, la banca centrale americana, lo smart working ha contribuito ad aumentare i prezzi delle case residenziali del 24% negli Stati Uniti tra novembre 2019 e novembre 2021. Questo perché molti lavoratori hanno lasciato le grandi città per spostarsi in centri più piccoli, dove poter vivere in case più grandi e più a buon mercato. Al contrario, la domanda di spazi commerciali nelle metropoli è diminuita, causando una riduzione dei canoni di affitto e dei valori immobiliari.

Anche in Italia si è registrata una tendenza simile, con un aumento dei prezzi delle case del 4,8% a Roma e dell'8,3% a Milano su base annua. Allo stesso tempo, il mercato immobiliare commerciale ha subito una contrazione del 30% nel 2020 rispetto al 2019, con una forte flessione della domanda di uffici (-40%) e di negozi (-50%). Il settore più colpito è stato quello del retail, che ha dovuto affrontare le chiusure imposte dalle misure anti-Covid e la concorrenza dell'e-commerce.

A complicare ulteriormente il quadro, c'è l'aumento dei prezzi della benzina, che ha raggiunto livelli record negli ultimi mesi. Questo fattore ha reso più costoso il trasporto delle merci e delle persone, incidendo negativamente sulle attività economiche e sul potere d'acquisto dei consumatori. Inoltre, l'aumento della benzina ha un impatto ambientale negativo, in contrasto con gli obiettivi di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas serra.

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Di fronte a questo scenario, quali sono le prospettive per il futuro del mercato immobiliare commerciale? Secondo alcuni esperti, ci sarà una **crisi** nel 2023, dovuta al calo delle vendite e all'affitto di alcuni colossi dei loro spazi come Microsoft. Questa azienda ha infatti annunciato che ridurrà del 20% la sua superficie uffici in tutto il mondo entro il 2023, a causa della diffusione dello smart working tra i suoi dipendenti. Questa decisione avrà un impatto negativo sul mercato immobiliare commerciale, soprattutto nelle città dove Microsoft ha una forte presenza. Altri analisti sono più cauti e prevedono una **recessione** immobiliare nel 2023, che avrà un ruolo necessario nel contenere l'inflazione e nel riequilibrare l'offerta e la domanda. In ogni caso, ci saranno anche dei cambiamenti strutturali da tenere in considerazione. Per esempio, gli uffici dovranno adeguarsi alle nuove esigenze dei lavoratori, offrendo spazi più flessibili, sicuri e tecnologici. I negozi dovranno integrare la vendita online con quella fisica, puntando sull'esperienza del cliente e sulla personalizzazione dell'offerta. I capannoni industriali dovranno essere più efficienti e innovativi, sfruttando le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalla robotica.

Non tutti però sono favorevoli allo smart working come modalità di lavoro prevalente. Uno dei suoi critici più noti è Elon Musk, il fondatore di Tesla e SpaceX. In una mail inviata ai suoi dipendenti a giugno 2021, Musk ha dichiarato che il lavoro da remoto "non è più accettato" in Tesla e che tutti devono essere in ufficio per almeno 40 ore a settimana. Secondo Musk, il lavoro da remoto riduce la produttività, la creatività e la collaborazione tra i colleghi. Inoltre, Musk sostiene che il lavoro duro conta più del talento e che lui stesso lavora 16 ore al giorno, 7 giorni alla settimana.